Vi
è quasi una idiosincrasia verso la lettura, un fastidio epidermico,
dovuto ad un disallenamento secolare.
Nella totale ignoranza del popolo napoletano
dell’Alto Medioevo i monaci rappresentavano gli unici sostenitori
della cultura della Napoli Vescovile. La lettura è come il vino, va
dosata, ma molti napoletani del popolo preferiscono esserne astemi,
hanno imparato già abbastanza a leggere nel libro... della vita. Infatti,
come dice il proverbio, molti sono
quelli che insegnano a leggere, pochi quelli che insegnano a
vivere. I lavori moderni di ermeneutica e filologia vengono compiuti
in larga parte su quei testi tradotti in latino dal greco e viceversa.
Pertanto è improprio, a pensarci bene, definire opera culturale in
senso stretto quella dei monaci, forse è più esatto parlare di
editoria manuale. Il monaco metafraste non da nessuno apporto
artistico, creativo, storiografico o filologico. Il frutto di questi
amanuensi rappresenta, però, l’embrione delle successive scaturigini
culturali medioevali.
Sappiamo quanto abbiano, quei codici, influenzato Paolo Diacono, il
longobardo cosi dentro la cultura
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partenopea intorno al 750.
Egli fu il fautore della poesia epigrafica
dell’Italia meridionale. Vi furono in Campania molti sostenitori di
questo genere letterario, ricco di espressioni tronfie ed esaltanti. Non
mancò chi formulasse epigrafi denigratorie contro il nostro popolo, come
il Principe di Benevento: "Il popolo
napoletano si salva solo per la sua scaltrezza e la sua perfidia". E
meno male, che volevano vederci per secoli e secoli proprio
ai piedi di Pilato? E l’altro bellimbusto, certo Ausenzio di Nola
che fece scrivere, tra l’altro, sulla sua tomba:
Ladruncoli partenopei. Il malocchio, però, non perdona? Morì
combattendo i napoletani intorno all’850. Forse attinse da questa fonte
chi fece affiggere, undici secoli dopo, nel dopoguerra, dei cartelli nella stazione
ferroviaria di Napoli: Attenzione,
città di ladri. Ma al malocchio,
da un po’ di tempo, neppure i napoletani credono più. A prescindere dal
fenomeno fastidiosissimo della generalizzazione, è strano che il mio
popolo sia visto sempre sotto due aspetti contrapposti e irriducibili:
estrema bontà o notevole
aggressività, spesso con irrazionale compiacimento.
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