«Studi Generali», tanto meno di avere la
potenzialità di uscire dall’epidemico analfabetismo medioevale.
Disordine e degrado erano di casa intorno al Vesuvio anche allora, ma a
causa dei frequenti mutamenti politici dovuti alle dominazioni.
Precarietà, inclinazione alla dissidenza e all’eslege che lasceranno
l’impronta caratteriale fino al popolo vesuviano d’oggi, sempre
disposto agli adattamenti ed ai ripieghi sregolati, alla tolleranza del
malcostume urbano e dirigenziale, dietro rassegnate reazioni di
malcontento, come si fa contro l’ineluttabilità del destino. Forse è
un’ altra delle equilibrate forme di scaltrezza di fronte ad una
realtà difficilmente mutabile, allora perché consci di disporre della
fatua difesa dell’ignoranza, oggi ben consapevoli dell’irreversibile
stasi politica dei paesi allineati, dovuta al deterrente atomico. E’
forse una filosofia ancestrale che aiuta a sopravvivere e ad evitare
ulteriori annichilimenti come quello relativo all’ultima guerra
mondiale. Intorno all’anno mille faceva eccezione alla esigua
minoranza di colti meridionali la comunità del Regno di Sicilia, almeno
in forma poetica, grazie appunto alla Scuola Siciliana,
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laddove molte liriche destavano interesse persino nel
popolo. Grazie a Federico II di Svevia, per un motivo o per l’altro, il
terreno a Napoli fu spianato perché la diffusione della cultura, con l’Università
prima, con l’invenzione della stampa poi, si insinuasse in diverse fasce
della popolazione. Certo era ancora lontana l’epoca degli intellettuali
laici. La poesia siciliana risentiva dell’adorazione deistica dei
cattedratici, la quale pseudolaicalmente adorava la donna in lamentose
querimonie. Donna sacra nella sua integrità morale perché vista sotto il
lucore divino, a cui ci si dispone con devozione ed abbandono pur di
ottenerne la benevolenza. Una passionalità a mezza strada tra il mistico
ed il possessivo, che nei siciliani persiste tuttora. Una integrità
monogamica che non consente la minima infedele trasgressione
monodirezionale.
Ora spulciamo le note caratteriali dei miei torresi e dei cittadini di
molti centri vesuviani economicamente affermati, nonché di quella Napoli
commerciale che ha origine dai mercanteggiamenti lazzaronici e via via coi
traffici anglo-americani fino alla moderna borghesia del business
partenopeo vigente.
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