Ho l’impressione che noi vesuviani, sin d’allora,
anche per un’atavica scarsa dimestichezza con la grammatica, abbiamo
appreso trasversalmente quella ideologia frammista di venerazione
deistica ed eterno femminino; forse il concetto rientra emendato nel
nostro ordine d'idee; soggiacciamo a mezza strada tra la passionalità
distico-verginale e quella femmino-matriarcale. La donna, nel
napoletano, è da temere, da venerare e da punire. I ruoli sono: vergineo
da bimba (guai ai pedofili nelle carceri napoletane);
oggettuale-sessuale da giovane, dietro la copertura sentimentale;
possessivo-assolutistico da sposa; diabolico da suocera. Il ruolo di
madre, invece, conserva la sacralità deistica. Ma l’essenza sta nel
ruolo, e non nel soggetto, perché la stessa donna che sostiene i ruoli
di madre e di suocera contemporaneamente viene osservata da due ottiche
contrapposte come il dualismo bene-male. In pratica tutto il meridione
è sottoposto a questi canoni istintuali, ma più a sud si va, più è
intenso e connaturato il sentimento di essenza deistico- verginale della
donna, che prevale sugli altri ruoli. Gli scriptorum e le
tipografie hanno in fondo
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diffuso queste concezioni istintuali ferrate pure da
speculazioni di tono scolastico relative alle prime iniziative culturali
del secondo medioevo. Insomma, amanuensi e prototipografi non hanno fatto
altro che parlare prevalentemente di Dio e della donna, dopo gli epos
eroici. E malgrado gli sforzi ostinati per distinguere un popolo dall’altro,
grazie alla stampa, la diffusione delle culture, che in fondo si combinano
tra loro, come oggi le religioni, suggeriscono: Tutto il mondo è
paese. L’uomo fa tanta fatica per creare dei sostegni ideologici
contro il mistero della vita e della morte e poi ne diventa dissenziente,
come nell’area geografica del Nord Europa, dove i puntelli psichici
delle culture millenarie di stampo religioso sono crollati. E’ proprio là che si riscontra una delle più alte percentuali di suicidi di tutto il
globo terracqueo. Si è sordi all’idea che per debellare ideologie
culturali durate millenni non bastano un centinaio d’anni, ma periodi
altrettanto lunghi. L’uomo vive mediamente l’arco di sessant’anni,
ma sufficienti per incamerare (ed esserne condizionato) ideologie e credenze millenarie non rimuovibili a livello inconscio, Beninteso, tutto
lo sviluppo
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