Cap. 6 - Pag. 234

Cap. 6 - Pag. 235 

Ho l’impressione che noi vesuviani, sin d’allora, anche per un’atavica scarsa dimestichezza con la grammatica, abbiamo appreso trasversalmente quella ideologia frammista di venerazione deistica ed eterno femminino; forse il concetto rientra emendato nel nostro ordine d'idee; soggiacciamo a mezza strada tra la passionalità distico-verginale e quella femmino-matriarcale. La donna, nel napoletano, è da temere, da venerare e da punire. I ruoli sono: vergineo da bimba (guai ai pedofili nelle carceri napoletane); oggettuale-sessuale da giovane, dietro la copertura sentimentale; possessivo-assolutistico da sposa; diabolico da suocera. Il ruolo di madre, invece, conserva la sacralità deistica. Ma l’essenza sta nel ruolo, e non nel soggetto, perché la stessa donna che sostiene i ruoli di madre e di suocera contemporaneamente viene osservata da due ottiche contrapposte come il dualismo bene-male. In pratica tutto il meridione è sottoposto a questi canoni istintuali, ma più a sud si va, più è intenso e connaturato il sentimento di essenza deistico- verginale della donna, che prevale sugli altri ruoli. Gli scriptorum e le tipografie hanno in fondo

diffuso queste concezioni istintuali ferrate pure da speculazioni di tono scolastico relative alle prime iniziative culturali del secondo medioevo. Insomma, amanuensi e prototipografi non hanno fatto altro che parlare prevalentemente di Dio e della donna, dopo gli epos eroici. E malgrado gli sforzi ostinati per distinguere un popolo dall’altro, grazie alla stampa, la diffusione delle culture, che in fondo si combinano tra loro, come oggi le religioni, suggeriscono: Tutto il mondo è paese. L’uomo fa tanta fatica per creare dei sostegni ideologici contro il mistero della vita e della morte e poi ne diventa dissenziente, come nell’area geografica del Nord Europa, dove i puntelli psichici delle culture millenarie di stampo religioso sono crollati. E’ proprio là che si riscontra una delle più alte percentuali di suicidi di tutto il globo terracqueo. Si è sordi all’idea che per debellare ideologie culturali durate millenni non bastano un centinaio d’anni, ma periodi altrettanto lunghi. L’uomo vive mediamente l’arco di sessant’anni, ma sufficienti per incamerare (ed esserne condizionato) ideologie e credenze millenarie non rimuovibili a livello inconscio, Beninteso, tutto lo sviluppo