|
||||||
Cap. 7 - Pag. 264 |
Cap. 7 - Pag. 265 | |||||
grigio febbraio Mario cesoia, alias il Robespier- re, morò, per dirla con lui. Dopo 12 ore dallo accertato decesso fu scovato in cucina, dagli addetti delle pompe funebri, mentre strombettava una fanfara sul bevante di un fiasco di Barolo. Dichiaro alla stampa: «La catalessi e un tranquillo sonno fetale. Se volete sapere se esiste 1’altro mondo mi date sei o settecento milioni ed io vi accontento. So bene che non me li date perché non mi credete, ma se io lo so davvero? ... Il risveglio - concluse con una smorfia di disgusto Mario, sotto la luce violenta del quarzo - è deprimente. Questo ve lo dico gratis. Perché ti ritrovi in questa schifezza di mondo e rivedi le stesse facce, la stessa gente che si agita, irrompe, si precipita per arrivare dove? E già, voi siete giornalisti, sono frasi fatte, eh? Ma io faccio il tipografo da cinquant’anni e qualche cosina 1’ho imparata. Ha detto una volta Giorgio Bassani: Per capire veramente come stanno le cose a questo mondo bisognerebbe morire almeno una volta ». - Mi strizzo 1’occhio. - Che facciamo? Il certificato medico parla chiaro. Va be’ facciamo cinque milioni e 1’affare |
e fatto! Cinque milioni li spendete in un giorno, all’inferno, per un
poco di ghiaccio fetente che vi può passare qualche diavolo corrotto». Mario
Robespierre non ottenne i cinque milioni, ma ha lasciato il lavoro per la
nuova professione di assistito. Il più delle volte le prende, specie quando fa
perdere poste alte, ma quando l’azzecca lo piazzano su di una sorta di
stallo pontificale aleggiandolo con due flabelli. L’ultima volta che l’ho
visto gli ho chiesto: «A me lo puoi dire, sarò una tomba, l’inferno
esiste o no ?». Mi fissa come per dire: povero grullo: «E ti pare
che se io ero sicuro che 1’inferno non esiste sopportavo ancora quella
strega di mia moglie e quell’arpia di mia suocera? E da mo’ che le
avrei tagliate quelle teste, sai il taglio che sogno tutte le notti, altro
che risme. Le avrei bollite e le avrei messe fuori il balcone appese con
un limone in bocca. Le lingue le avrei cremate, perché quelle
sarebbero capaci di vituperare pure dopo morte». |