e spesso non ci si mette d’accordo. Poi il cliente
ritorna, ha perduto la traccia, si ricomincia daccapo. Quindi si
procede finalmente alla realizzazione dello stampato con un’altra
esperienza umana acquisita. Qualche perplessità costringe a
ricontattare il cliente, altri scambi di idee mentre
si raggiunge la comune soluzione. Alla consegna l’avventore
sarà appagato e soddisfatto ad un costo moderato, riforme fiscali
permettendo.
L’industria grafica, invece, offre come primo traguardo l’ufficio
accettazione, dove il lavoro viene sottoposto all’attenzione di
grafici e designer di fama interregionale. (Fatti il nome e piscia a
letto, diranno che hai sudato). I designer hanno
tutti dei nomi esotici, sembrano gli
psicoanalisti della stampa. Sempre sussiegosi e perentori. Sulla parete
dietro la scrivania di pura pelle di ermellino vi e un poster
rappresentante un marchio di una multinazionale. L’austero designer
aggiungerà che quell’idea e costata mezzo milione di dollari. L’avventore
si deterge dalla fronte il primo madore, poi vorrebbe scappare, ma
oramai è dentro, si rende conto che pagherà a caro prezzo la sua mania
di snobbare.
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Alla fine l’utente, dopo veri e propri
diverbi, dovrà accontentarsi dei vecchi caratteri trasferibili e di un marchio
di tipo generico, che somiglia sempre a quello di una nota fabbrica di
provoloni. La bozza passa all’ufficio amministrativo; poi ritorna all’ufficio
grafico per la conferma d’ordine sotto le facce disgustate dei
barbassori. Dopo un congruo acconto, 1’originale passa in sala
composizione elettronica, prima vagliato e valutato da un’equipe, quindi
purificato da mediocrità linguistiche; indi in camera oscura, sui
tavoli luminosi, nel reparto lastre e, dulcis in fundo, nell’officina di
stampa, che sarebbe il terzo girone. Il lavoro, ordinato a Natale
sarà pronto a Pasqua. Il cliente si guarderà bene, in futuro, di
rimettere piede in quella bolgia, ridimensionerà le sue idee rilevaticce
e appena gli capiterà un bottegaio tipografo sotto mano lo abbraccerà e
lo bacerà a mo’ di emigrato. I dirigenti delle industrie grafiche mi
perdonino l’ardire ancora una volta. Mi scusino per l’ironia e la
maniera iperbolica di dire delle loro signorie. Bando agli scherzi da
prete e andiamo avanti. In realtà i grossi complessi nemmeno possono
prendere in considerazione lavori di piccola entità
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