La tipografia napoletana avanzava a braccetto col
nostro Settecento culturale. Tutti gli operatori letterari dell’epoca
contribuirono all’affermazione napoletana dell’arte nera. Tra questi
ancora Antonio Genovesi con le sue Meditazioni sulla religione,
abbastanza scabrosette per un sacerdote; Gaetano Filangieri, da cui il
nome dell’odierno Istituto di pena giovanile; Pietro Colletta, con la
sua Storia del Reame di Napoli, e via discorrendo. Cert’è che per le
tipografie campane non mancavano autori nel periodo in cui incominciava
a svilupparsi il giornalismo, o perlomeno la stampa d’informazione in
nuce. Ferdinando Galiani compose, all’epoca, diversi scritti sul
dialetto napoletano, oltre al suo Socrate immaginario. Allora le poesie
in vernacolo non venivano ancora allineate nelle fila delle composizioni
artistiche. Si aveva, infatti, la poesia d’arte, dialettale,
popolaresca, ecc. A metà secolo XVIII sorse l’Accademia delle Belle
Arti. Carlo di Borbone prima e Ferdinando IV poi, bontà loro,
elargirono molti ducati all’Università di Napoli, quindi furono
istituite molte nuove cattedre. Il secolo XVIII prospettava un buon
avvenire per le tipografie
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napoletane, perché andava concretizzandosi, come ho
detto, la stampa d’informazione a larga diffusione. Più del secolo
precedente il popolo veniva informato attraverso le famose gazzette: dei
fogli, singoli graficamente poveri, censurati volitivamente e distribuiti,
naturalmente, a pagamento al popolo più erudito. Intorno al 1630 fu
pubblicata una prima gazzetta di rilievo. Solo verso fine secolo, però, si
ebbe un autentico giornalino, a Napoli, e veniva pubblicato, secondo
alcune fonti, in un fabbricato dell’odierna Via Monteoliveto. La stampa
tipografica d’informazione napoletana aveva preso piede. Erano, certo,
ancora lontane le agenzie giornalistiche, ma non mancavano delatori con
notizie di prima, seconda, terza mano ed oltre, tutto, però, sotto la
stretta sorveglianza del governo. Ma a prescindere dall’informazione,
sotto Carlo di Borbone, il giornalismo aveva preso indirizzo letterario.
Così Napoli, la Capitale del Regno delle due Sicilie, vantava alla fine
del secolo XVIII diverse pubblicazioni periodiche, sebbene di veste
grafica rudimentale, ma di grande importanza giornalistico-culturale. Il
Vico, il Genovesi e il
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