reagì con un mancamento. «Allora fai una cosa
-nsistevo - va’ in riva al mare e, ravvivato dalla
brezza, mettiti a pensare all’Universo. Quante sono le galassie,
Totonno? - L’uomo, o ciò che rimaneva d’esso, scosse la testa. -
Sono migliaia - ripresi - se non milioni, o miliardi, chi sa. A che
distanza da noi sta 1’ultima galassia sperimeritata dall’uomo?
- Totonno Pallappese aveva dei lampi di luce negli occhi, poi
delle contrazioni maxillo facciali, quindi i primi sintomi frenopatici.
- Milardi di anni luce - aggiunsi. - Toto’ la chiave per diventare
pazzo a breve termine e questa. Abbandonati a queste elucubrazioni,
intensamente: cosa c’e oltre 1’Universo, ammesso che abbia una fine,
e oltre 1’oltre cosa c’e, Toto’, e oltre 1’oltre dell’oltre
cosa ci sarà mai?». Questo episodio rivela un inedito. Nessuno sa che
la barzelletta del pazzo e della mazza di scopa, fu ispirata
dal caso di Totonno pallappese, che da quando, quel giorno, 1’accompagnai
al pronto soccorso, non s’e più ripreso. Ma non mi sento colpevole
per avergli insegnato il modo per imparare a volare, non già
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per
tener fede al luogo comune che la pazzia e più vicina alla verità, o
per avallare la tesi di Michel Foucault: Mai la psicologia potrà dire sulla follia la
verità, perché è la follia che detiene la verità sulla psicologia,
ma perché e meglio, tutto sommato, un pazzo vivo che un
iper-eterosessuale morto. Avrei voluto dire, pero, a Totonno, ma non feci
in tempo, che avrebbe dovuto spogliare il suo stato dall’elaborazione
culturale dell’idea di pazzia, che alimenta la stessa proprio con il
timore diabolico esorcizzante che la gente mostra nei confronti di essa e
che si riallaccia sempre al thanatos freudiano, quindi all’angoscia
primaria dell’uomo. Avrei voluto dirgli, antifreudianamente, che
attraverso la libertà della follia, senza, però, l’angoscia
culturale ad essa connessa, aveva adoperato la fuga dal sesso e non la
sublimazione, per scongiurare l’angoscia
della morte. Avrei ancora voluto dirgli che anche la solitudine, 1’emarginazione,
scevre da qualsivoglia elaborazione culturale angosciante, sono
tollerabili, anche se mai consigliabili, perché eludono il concetto del
sociale, quindi dell’amore come inverso della paura. Forse aveva ragione
il filosofo quando diceva: Nulla
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