Cap. 11 - Pag. 418

Cap. 11 - Pag. 419 

reagì con un mancamento. «Allora fai una cosa -nsistevo - va’ in riva al mare e, ravvivato dalla brezza, mettiti a pensare all’Universo. Quante sono le galassie, Totonno? - L’uomo, o ciò che rimaneva d’esso, scosse la testa. - Sono migliaia - ripresi - se non milioni, o miliardi, chi sa. A che distanza da noi sta 1’ultima galassia sperimeritata dall’uomo? - Totonno Pallappese aveva dei lampi di luce negli occhi, poi delle contrazioni maxillo facciali, quindi i primi sintomi frenopatici. - Milardi di anni luce - aggiunsi. - Toto’ la chiave per diventare pazzo a breve termine e questa. Abbandonati a queste elucubrazioni, intensamente: cosa c’e oltre 1’Universo, ammesso che abbia una fine, e oltre 1’oltre cosa c’e, Toto’, e oltre 1’oltre dell’oltre cosa ci sarà mai?». Questo episodio rivela un inedito. Nessuno sa che la barzelletta del pazzo e della mazza di scopa, fu ispirata dal caso di Totonno pallappese, che da quando, quel giorno, 1’accompagnai al pronto soccorso, non s’e più ripreso. Ma non mi sento colpevole per avergli insegnato il modo per imparare a volare, non già 

per tener fede al luogo comune che la pazzia e più vicina alla verità, o per avallare la tesi di Michel Foucault: Mai la psicologia potrà dire sulla follia la verità, perché è la follia che detiene la verità sulla psicologia, ma perché e meglio, tutto sommato, un pazzo vivo che un iper-eterosessuale morto. Avrei voluto dire, pero, a Totonno, ma non feci in tempo, che avrebbe dovuto spogliare il suo stato dall’elaborazione culturale dell’idea di pazzia, che alimenta la stessa proprio con il timore diabolico esorcizzante che la gente mostra nei confronti di essa e che si riallaccia sempre al thanatos freudiano, quindi all’angoscia primaria dell’uomo. Avrei voluto dirgli, antifreudianamente, che attraverso la libertà della follia, senza, però, l’angoscia culturale ad essa connessa, aveva adoperato la fuga dal sesso e non la sublimazione, per scongiurare l’angoscia della morte. Avrei ancora voluto dirgli che anche la solitudine, 1’emarginazione, scevre da qualsivoglia elaborazione culturale angosciante, sono tollerabili, anche se mai consigliabili, perché eludono il concetto del sociale, quindi dell’amore come inverso della paura. Forse aveva ragione il filosofo quando diceva: Nulla