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destinata a rendere veloce non già la formazione delle pagine, ma la copiatura di esse una volta ultimata. Sistema prioritario per cinque secoli, coadiuvato da tecniche parallele per la riproduzione veloce di immagini, la vecchia xilografia e la calcografia, le cui preparazioni delle matrici, compreso il sistema gutemberghiano, risultavano procedimenti lenti e laboriosi. Nel secolo scorso i caratteri mobili venivano meccanizzati, le macchine tipografiche godevano della totale automatizzazione, migliorate dopo l’avvento dell’energia elettrica. La scoperta del clichè tipografico, infine, costituiva l’ultima pietra miliare di una strada che sarà subito devastata dall’elaborazione di due vecchie tecniche in letargo da secoli, la litografia, perfezionata in stampa offset, e la calcografia, valorizzata in stampa rotocalco. La stampa offset, più del rotocalco, grazie alla massiccia varietà d’impiego, rappresenta, oggi, grazie pure all’elettronica ed all’informatica, la vera rivoluzione di tutti i sistemi, universalmente accettata quale procedimento planografico duttile, poliedrico e soprattutto veloce, conforme, cioè, alle esigenze, non alle necessità, di

una società che corre per il solo scopo di scoprire, in fondo, chi muore prima e male; non guasta ripeterlo. Le osservanze pratiche della stampa offset sono la climatizzazione degli ambienti, la stabilizzazione dell’energia elettrica, la costanza e la buona conservazione delle materie prime per garantire, non già la buona riuscita delle cure delle infermità, come negli ospedali, dove si rispettano grosso modo le stesse norme, ma la spersonalizzazione collettiva, il disagio psichico, tradotti, nella fattispecie, nella standardizzazione dei risultati grafici, a svantaggio del gratificante lavoro a misura d’uomo, dove è prevista la partecipazione emotiva diretta, epidermica, emicranica post-sollievo, psicologicamente salutare, a mo’ di Petrolini, che portava le scarpe strette per trovare ristoro quando se le toglieva; lavoro umano perché non ingerito dagli asettici cervelli elettronici. Le macchine fotoriproduttrici devono essere esenti da vibrazioni e dal benché minimo pulviscolo, non parliamo dell’umidità... Questi sono i cervelli artificiali, delicati e vulnerabili come gli ammalati gravi, perciò possono perdere la testa e farci del male. Risentono urti e manipolazioni energiche.