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Chi ha le tempie canute ricorda che il tipografo delle
botteghe, nel dopo guerra doveva accontentarsi delle bruschette o delle
marenne a base di melanzane a funghetti e friarielli, mentre
quello che faticava al giornale poteva permettersi la fetta di
prosciutto. Spesso i compositori o gli impaginatori dei giornali davano il
loro diretto contributo ai pezzi di cronaca, perchè facevano da tramite
tra ambiente popolare e redazione, suggerendo, tra l’altro, espressioni
gergali, peculiarità caratteriali e comportamentali del popolo,
sconosciute alla classe alto borghese dei giornalisti agiati di allora.
Chissà chi furono gli informatori della Serao, forse la masnada di camici
neri rattoppati e bisunti che la circondava. Quale tipografo artigiano
negli anta può dimenticare le rasserenanti giornate di lavoro in queste
officine grafiche. Lazzi, facezie, scherzi da prete e soprattutto spiccava
quella sorta di paradossale religiosità nel turpiloquio, poetico,
colorito, ilare, puerile ed innocente. Questi erano i soli delitti
che si confessavano la domenica in chiesa. Dovevano pur farsi perdonare
qualcosa, altrimenti i reverendi avrebbero rischiato la cassa
integrazione.
LA CULTURA E LA STAMPA
NEL 900
VINCENZO CARDARELLI
GOFFREDO PARISE
MANIFESTO FUTURISMO
EUGENIO MONTALE
GIORGIO BASSANI
LACERBA - RIVISTA Marinetti
EUGENIO MONTALE
GIUSEPPE UNGARETTI
GRAZIA DELEDDA
TOMMASO MARINETTI Marinetti
CARLO LEVI
ALFONSO GATTO
PIER PAOLO PASOLINI
D'Annunzio-Futuristi-Gozzano
UMBERTO SABA
ALFONSO GATTO
CLAUDIO MAGRIS
G. D'ANNUNZIO
GUIDO GOZZANO
SALVATORE QUASIMODO
FUTURISMO
GUIDO GOZZANO
SALVATORE QUASIMODO
DELL'ERA TOMMASO
VERISMO
ITALO SVEVO
ALDO PALAZZESCHI
ACHILLE CAMPANILE
P. P. PASOLINI
LEONARDO SCIASCIA
GIUSEPPE UNGARETTI
GIANNI RODARI
LORENZO MILANI
DINO BUZZATI
ITALO SVEVO
GRAZIA DELEDDA
GIOVANNI VERGA
ELIO VITTORINI
FEDERICO TOZZI
CARLO CASSOLA
IGNAZIO SILONE
CARLO EMILIO GADDA
ITALO CALVINO
GIUSEPPE BERTO
DINO BUZZATI
BEPPE FENOGLIO
GIOVANNI GUARESCHI
STRANIERI
VIRGINIA WOOLF
BERTRAND RUSSEL
FRANZ KAFKA
SAMUEL BECKET
GEORGE ORWELL
E. ALLAN POE
I primi giornali apparvero nel sec. XVII; la loro
periodicità era determinata dall'arrivo in città dei corrieri e si
presentavano come un lungo e disordinato elenco di notizie. Tra le prime
testate furono in Germania l'"Avisa-Relation oder Zeitung"
(1609), in Inghilterra "The Weekly Newes" (1626), in Francia la
"Gazette", nata nel 1631 per impulso di Richelieu. In Italia le
prime gazzette apparvero a Venezia, Firenze, Roma e Genova alla metà del
secolo. Celebre fu "I successi del mondo" di A. Socini (Torino,
1645). Tra i primi quotidiani furono in Germania la "Leipziger
Zeitung" (1660) e in Inghilterra il "Daily Courant" (1702).
Nel sec. XVIII cominciarono ad apparire sui giornali editoriali politici e
racconti a puntate. Alcune testate ebbero fama internazionale, come lo
"Spectator", fondato a Londra nel 1711 da J. Addison e R. Steele,
che ispirò in Italia "L'Osservatore veneto" (1761) di G. Gozzi,
la "Frusta letteraria" (1763) di G. Baretti e "Il Caffè"
(1764) dei fratelli Verri. Verso la fine del sec. XVIII nacquero anche in
Italia settimanali che si trasformarono poi in quotidiani, come la
"Gazzetta di Parma" (1735), "La Gazzetta di Venezia"
(1787), la "Gazzetta Piemontese" (1797). Il primo giornale degli
USA fu il "Boston News-Letter" (1704), mentre il primo
quotidiano uscì a Filadelfia, il "Pennsylvania Packet and General
Advertiser" (1784). Nel 1785 fu fondato il "London Daily
Universal Register", che nel 1788 mutò nome in "The Times".
IL SOGNO DEL GIORNALISMO
Le tipografie artigiane vesuviane che ancora realizzano
nella maniera tradizionale le pubblicazioncelle locali pressate dalle
ambizioni letterarie degli oscuri docenti di lettere, o dei cultori di
sogni nel cassetto, o dei poeti del sabato sera di fama intercomunale,
arrotondano il fatturato in un contesto lavorativo molto compromesso dall’offerta
satura. Ebbene, io appartengo alla categoria di questi sciagurati
sognatori, conscio, però, del carmina non dant panem, non solo, ma
pure del nemo propheta in patria, poiché queste sporadiche mie
esperienze scrittorie desuetamente autofabbricate in tomi, sono destinate,
volutamente a non valicare il circondario urbano?. (Grazie a Internet
questo dubbio dell’autore si è finalmente dissipato. Questo libro è
continuamente scaricato dagli italiani di tutto il mondo. N.d.r.). Sono
comunque solidale con tutti gli sventurati come me, e quasi mi
rammarico del privilegio di poter prevalere, almeno quantitativamente,
sugli altri, che la sorte non li ha voluti nemmeno bottegai tipografi.
Comprendo, anche se non giustifico, coloro che non sanno valutare i propri
limiti, e continuano imperterriti in questo cammino spinoso, attribuendo
il loro insuccesso solo a fattori egemonici da circolo chiuso.
Oggi, più che mai, in tutti i settori umani, l’estetica
prevale sul contenuto, questo tende a soffocare l’espressione popolare
nell’arte scrittoria, ed è una discriminazione. Chiunque ha il diritto
di esternare i propri sentimenti, anche al di fuori di virtuosismi
dottrinari. L’importante è riconoscere la propria posizione e non
ostinarsi ad apparire quello che si vorrebbe essere e non si è. Non è la
semplicità d’espressione che è nociva, quando c’è contenuto, ma l’elaborazione
culturale della povertà estetica ad alimentare il desiderio di
abbarbicarsi verso i fastigi di castelli di cui non si è provveduto,
negli anni, a mettere su con tenacia e abnegazione, dietro un allenamento
estenuante, mattone su mattone.
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