Torre e il corallo    pag. 12 di 17

PERSONAGGI
ED AVVENIMENTI

          
          Il Comm. Vincenzo Piscopo (a destra)

Quali erano all’epoca gli armatori, i fabbricanti, i commercianti più importanti? A detta del Megale, nel 1880 gli armatori erano duecento. Di essi primo in assoluto era Giuseppe Mazza, sulla cui spiccata personalità, desideriamo fermarci brevemente. Questi, ancora oggi meglio conosciuto come «Pappiello ’e Papoto», pare possedesse oltre cento coralline; con l’esercizio della pesca e con 1’attività della sua ben avviata «fabbrica di corallo», costituì una vera fortuna che, purtroppo, non l’accompagnò sino alla fine dei suoi giorni. Infatti, impegnandosi in un’impresa ciclopica per l’epoca (la costruzione dell’acquedotto del Sarno), perse tutto quanto aveva faticosamente guadagnato.
Da tale disastro, pero, «Pappiello ’e Papoto» non si lasciò condizionare; anzi, affrontandolo con molta filosofia, usava dire: «L’acqua salata me l’ha data e l’acqua dolce se l’è pigliata» (alludendo, naturalmente, alla ricchezza).
Armatori di rilievo erano anche Vincenzo Romano, Stefano e Michele De Rosa, Aniello Mazza. Tra i fabbricanti e commercianti, piuttosto nume- rosi, oltre al citato Giuseppe Mazza, di notevole rilievo era la Ditta «Giovanni Ascione e Figlio» (fondata nel 1855), una delle prime aziende di Torre del Greco.
La ditta Giuseppe D’Elia era considerata la più grande sia per il numero dei lavoranti (500 tra interni e a domicilio) sia per le esportazioni in Germania, in India ed in America. La « Bartolomeo Mazza di Mattia », anch’essa di gran prestigio, fu la prima ad avere una filiale in India. La « Luigi Liguoro » (titolare ne era Luigi detto «Aitanella», padre del Baldassarre soprannominato «Piccirullo», figurava tra le meglio organizzate e con i suoi 30 operai lavorava sia il «tondo ritondo» che il corallo adatto ai Paesi indiani.
La «Salvatore D’Amato», (conosciuto come «Curalluccio») era ditta molto nota con ampi sbocchi di esportazione che andò, però, sempre più perdendo quota, una volta passata ai figli Raffaele ed Enrico.
C’erano, poi, alcune manifatture specializzate in produzione adatta solo a determinati centri: Vincenzo Carlone «Panzetta» era uno dei più forti esportatori in India, seguito da Aniello Gentile («’o Fetente»), da Francesco Ciaravolo « Ciccone ». Aniello De Simone « Casardo » e Gennaro Serpe «Giacobbe» erano gli specialisti di «vezzi» per il Lazio e 1’Abruzzo, mentre Antonino De Simone «Pirittiello» si limitava alla campagna romana, che riforniva degli stessi prodotti.
I fratelli Salvatore e Giuseppe Ammirato detti «Marianicola» erano titolari di una prospera manifattura ricca di una vasta gamma di articoli.
L’azienda dei fratelli Capuano si distingueva per l’accurata esecuzione dei suoi manufatti di «tondo e ritondo», e Ferdinando dell’Abate «Castagnara», oltre a condurre oculatamente la sua fabbrica di corallo, ne mise su una di acqua ossigenata per schiarire i coralli «’ncuttati».

 Abbastanza attive erano anche la «Ditta Luigi Aurilia», 1’azienda di Ernesto Avenia e ancor piu quella di Luigi Avenia, che aveva sempre trattato corallo «Sciacca» assai piccolo trasformadolo in prodotti molto economici. Tra tanti locali vi era anche un livornese, che, trasferitosi da noi, ottenne un successo veramente lusinghiero: Senese Santoponte, proprietario dell’attuale residenza della famiglia Liguori, dove a piano terra aveva attrezzato ed avviato la sua florida attività produttiva. Infine, e non certo per minor importanza, venivano i fratelli Sorrentino e le loro aziende. Benché la denominazione sociale riportasse solo i nomi di due fratelli «Lorenzo e Gennaro Sorrentino», i fratelli erano tre: i due citati e Francesco.
Nei primi anni del ’900 1’azienda, che aveva alcuni decenni alle spalle, venne sciolta ed i fratelli si divisero dando vita ad attività autonome. Gennaro, sebbene gli fosse spettato il prestigioso immobile in cui aveva sede la disciolta ditta, conosciuta come la «Villa Izzo» in Corso V. Emanuele, preferì lavorare e vivere tranquillamente, dedicandosi più ad attività commerciale che produttiva.

Francesco, «don Ciccio Buffo», era un esperto fabbricante specializzatosi nella lavorazione dello «Sciacca», del quale acquisto ingenti quantitativi. A Torre, anzi, viene ricordato proprio per il cospicuo patrimonio lasciato ai numerosissimi figli, costituito prevalentemente da tale tipo di corallo. Lorenzo, tra i fratelli Sorrentino, fu certamente quello che ebbe prima maggior fortuna, e dopo maggior sfortuna. Trasferitosi in Via Salvatore Noto, avvio una fabbrica che divenne sempre più vasta ed importante anche per merito della moglie; proveniente anch’essa da famiglia di corallari, i Carlone, ne diresse il laboratorio con capacita, energia e spirito di sacrificio. Successivamente Lorenzo apri un elegante e vastissimo negozio per la vendita dei suoi stessi manufatti nel posto dove, per i propri acquisti, confluiva 1’elite di quel turismo internazionale che allora soggiornava a Napoli: la Galleria Umberto I.
        
Frontespizio del catalogo della Coral Manufactory

                             di V. Piscopo - 1924

Gli affari di Lorenzo erano fonte di grandi soddisfazioni, morali ed economiche: la «posizione» comprendeva, oltre alle molte merci anche alcune proprietà immobiliari (tra cui il negozio menzionato) ed una delle più imponenti «cappelle di fami
glia», ancora oggi esistente (ma con diverso nome) nel nostro Cimitero. Poi, venuti i tempi che preparavano la crisi del 1929, si verifico il fallimento di «Buffo». Abbiamo accennato al turismo e agli eleganti negozi di articoli di corallo a Napoli dell’epoca in cui la nostra zona rappresentava ancora la meta più ambita da italiani e stranieri desiderosi di trascorrere una vacanza a la page, dove cultura ed allegria trovavano la miglior sede.
Infatti, in quella Napoli che aveva richiamato a se letterati ed uomini « di sangue blu» di tutta Europa, quali ad esempio, Byron, Shelley, Goethe, il Principe di Metternich, non potevano mancare negozi per la vendita dei nostri manufatti, artigianali ma molto preziosi. Tali magazzini sorgevano, naturalmente, nelle strade più belle, panoramiche o commerciali, perché era la che i turisti passeggiavano o si davano convegno: Via S. Lucia, Piazza Vittoria, Via Caracciolo, Via Toledo, la «Galleria». Alcuni ampi, altri piccoli, sempre, pero, arredati con una certa sontuosità: velluti, specchi, comode poltrone: insomma, salotti molto accoglienti.