Torre e il corallo     pag. 13 di 17


Premiata manifattura del corallo rosa del Giappone
              di V. Piscopo - Esterno - 1915

Il relativo personale addetto alla vendita veniva selezionato con cura: oltre alla perfetta conoscenza di alcune lingue straniere, doveva essere di «bei modi» ed impeccabilmente vestito. La Città partenopea, frivola e stupenda, si prestava a fare da ideale cornice a tutto quanto veniva esposto in quelle vetrine.
La più vasta gamma di articoli era data dal corallo rosso o rosa, al quale l’arte napoletana aveva conferito una preziosità e una bellezza mai più superate: collane di ogni forma e lunghezza, bracciali, fermacravatte, gemelli da polso, orecchini, pomi per bastoni e ombrellini, broches, anelli, catene e tutto quanto si facesse col corallo.

Veniva, poi, un’altra delicata lavorazione artigianale, anch’essa tradizionale: la tartaruga, blonde o jaspe, con i suoi colori, chiaro nella prima e scuro nella seconda, dava meravigliosi pettini e «pettinesse», collane, fermagli per capelli, cornici di ogni grandezza, servizi da toilette, fibbie e tutto quanto una donna potesse desiderare durante una romantica vacanza.
Infine c’erano la madreperla e le conchiglie e, quindi, i cammei: cammei grandi e piccoli, cammei che rappresentavano un mazzetto di fiori, una scena mitologica, un profilo di donna o quello di un antico guerriero. Non erano solo cammei, ma vere opere d’arte, impreziosite da cornici d’oro filigranato o smaltato, spesso con piccole perline, «rosette», zaffiri o rubini. E una visione di Napoli diversa da quella at- tuale: ma in quell’epoca (fine dell’800 primi decenni del ’900) quali erano questi negozi la cui eleganza oggi e riscontrabile solo in alcuni di quelli esistenti a Londra?
In Via S. Lucia erano Sodo, Sapio, Del Porto, Colamonici, Palomba, De Caro, Donadio, Pannaccione Apa; in altre zone c’erano Arno, Toledo, Terlizzi, Fiorillo, Labriola, Manna, Andreoli; in Via Cala- britto aveva sede Biscione, mentre in Piazza dei Martiri si trovavano Zoppo e i Fratelli Morabito; i fratelli Squadrilli, invece, avevano raffinate vetrine su Piazza Vittoria.
Gli ultimi due erano certamente i più rinomati ed i meglio riforniti; tra essi, Squadrilli ha veramente rappresentato tutta un’epoca, una società. E proprio da questi e uscita 1’ultima « raccolta » di pezzi rappresentativi dell’arte napoletana e torrese sia del corallo che della tartaruga.
Chi 1’acquisto furono due torresi: Gennaro Sorrentino («Buffo») e Giuseppe Palomba, detto «’a Serpenta».


Premiata manifattura del corallo rosa del Giappone
              di V. Piscopo - Interno - 1915

Si trattava di migliaia di oggetti ornamentali di corallo che comprendevano di tutto, tra cui enormi quantità di pregiati cammei in conchiglia, corallo, pietra di lava e molte centinaia di ogni articolo producibile dalla tartaruga.
Fu un acquisto che fece parlare di se per la sua grandiosità; forse, e meglio dire che fu un «colpo grosso» perpetrato ai danni del passato, perché non tutti e due i soci tennero nel dovuto conto quella preziosa merce, il cui vero pregio era nella sua «irripetibilità» e non nel valore commerciale. Infatti, Gennaro Sorrentino vendette subito la sua parte dissolvendola nel nulla. Giuseppe Palomba, invece, conservo gelosamente quei piccoli tesori fino alla morte; poi, purtroppo, venne tutto ripartito tra un cosi largo numero di eredi, tanto che oggi e possibile identificare solo quella parte, che nel corso degli anni, siamo riusciti ad acquistare in- seguendola a destra e a manca.
Col passare del tempo a Torre il corallo « giapponese », essendosene scoperte le peculiarità migliori, incontrava un sempre maggior numero di fan. Di pari passo, pero, si stava anche scoprendo quale fonte di ricchezza potessero rappresentare il monopolio dell’importazione del grezzo dal Giappone e la -relativa distribuzione ai fabbricanti locali. Ed in tale commercio di greggio si tuffarono alcuni gia del mestiere che, disponendo di capitali, in breve volgere di tempo, potettero consolidare, e notevolmente ingrossare, le proprie posizioni economiche.


      Nuova sede della "Manifattura" Piscopo
       sull’autostrada Napoli-Pompei nel 1920