Raimondo Martorano.
500 GIORNI 
SUL PIROSCAFO


della Di Maio Armatori di Torre del Greco

© Per gentile concessione dell'autore
 

PROSCENIO 
INTRO 
 
I PARTE 
II     III
IV     V
VI    VII
VIII

 
REC.1   2   3

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                       NOTE  DELL'AUTORE
Già da parecchi anni, di tanto in tanto, mi balenava per la testa l’idea di descrivere le vicende della mia travagliata vita lavorativa. Più volte, per svariati motivi, sono stato costretto a cambiare, quasi sempre incominciando daccapo, con grandi sacrifici, inconsapevole, a volte, di coinvolgere le persone a me più care, pur di realizzare il progetto che in quel momento avevo in mente.
Ho iniziato a navigare nel ‘63, con il consenso materno, avevo meno di diciassette anni. Avevo la categoria più bassa del personale di macchina, lavoravo a volte al limite della resistenza fisica su navi di varie nazionalità. Poi, nel ’68, grazie ad alcuni corsi di formazione frequentati a Genova ed alla qualifica dell’ENEM, fui assunto dalla società di navigazione Lloyd Triestino del gruppo IRI FINMARE, con il grado di sottufficiale con le mansioni di operaio motorista.
Fu proprio l’impatto con questo nuovo ambiente che fece nascere il progetto di continuare gli studi: diventare un ufficiale del Lloyd Triestino. Più pensavo a questo progetto e più in me diventava grande il desiderio di realizzarlo.
L’ostacolo più
 grande a questa realizzazione era l’aver messo su famiglia. Non mi persi d’animo: a marzo del ’70, al mio primo imbarco dopo il matrimonio, nella valigia avevo più libri che indumenti.
Ormai la corsa era iniziata proprio su di una vecchia nave l’“Antoniotto Usodimare”, dove le grandi avarie e il duro lavoro quotidiano, che durò quasi un anno, mi davano la forza di aprire i libri dopo una giornata molto faticosa.
Fui, però, anche fortunato ad avere come mio diretto superiore il capitano Fillini Bruno, il quale accortosi che studiavo, sondò la mia preparazione e mi spronò a continuare e lo fece finché rimase a bordo.
Di me, poi, si ricordava, finché non finii gli studi, ogni volta che arrivava a Napoli con le T/navi “Marconi e “Galilei”.
Ci incontrammo poi da capitani a maggio del ’74, per una sostituzione di pochi giorni, fu l’unico ad accettare, e grazie a lui andai a conoscere la mia seconda figlia che era nata da un mese. Quando iniziai questa avventura, al nautico di Torre del Greco, l’insegnante di macchine marine era l’ing. Corradino Ciampa che mi consigliò il percorso da seguire per arrivare alla maturità. Fu lui ad assicurarmi, che potevo sostenere in un’unica sessione, l’esame di Aspirante e Capitano di Macchina. 

Nell’80, si presentò più volte l’occasione di una  sistemazione a terra, questo avrebbe comportato un ulteriore sacrificio: paghe più basse, iniziare una nuova vita lavorativa con tutti i disagi che essa comportava.
Dopo dieci anni iniziò una seconda avventura quasi simile alla prima: iniziai di nuovo con una delle categorie più basse di un’azienda metalmeccanica. Dopo qualche anno fui selezionato e assunto da una multinazionale americana quale conduttore nella centrale termoelettrica, dove tentai di raggiungere il livello occupazionale che avevo lasciato sulle navi conseguendo anche una ulteriore maturità più specifica. Purtroppo qualsiasi sacrificio veniva vanificato. Intorno a me c’era continuamente terra bruciata. La dignità e la professionalità venivano continuamente calpestate. Decisi così di dare le dimissioni. Mancavano pochi giorni allo scadere del preavviso, quando una telefonata mi preannunciò una supplenza annuale nella scuola, iniziando così una terza vita lavorativa sempre dai livelli più bassi. Ancora una volta, dopo dieci anni, mi rimisi a studiare per partecipare ad un concorso a cattedra bandito a luglio del ’90 per solo due posti. Per circa tre anni non lasciai un solo giorno i libri perché uno di quei due posti doveva essere mio e lo fu il cinque novembre del ’93, riscattandomi di tutti i torti subiti nei dieci anni precedenti

                               Raimondo Martorano