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Argomento presente: « LE DONNE VESUVIANE »
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ID: 885  Discussione: LE DONNE VESUVIANE

Autore: Aniello Langella  - Email: aniello.langella@tiscali.it  - Scritto o aggiornato: lunedì 6 ottobre 2014 Ore: 21:42

In questo ambiente di calzoni e baffi, di tifosi incalliti del calcio, di maschietti timidi e forti, di uomini saggi e deboli, di....
VORREI RIUSCIRE A TRACCIARE CON VOI UN PERCORSO CONOSCITIVO SULLA "DONNA VESUVIANA". La donna vesuviana è diversa dalle altre ? Quali sono le sue emozioni ? E' vero che la donna vesuviana si connota come forte , materna e saggia ?
Aiutatemi in questa ardua impresa forse per noi maschietti domani sarà un giorno migliore ,... se le donne vesuviane ci lasceranno vivere ancora,....
A parte ironia e scherzo,... cosa ne pensate ?
Cordialmente
Aniello
 
 
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ID: 1062  Intervento da: Aniello Langella  - Email: aniello.langella@tiscali.it  - Data: domenica 13 febbraio 2005 Ore: 19:27

Mica poco la suoretta in questione. La sua storia risale al 1683 anno in cui il Cardinale Innico Caracciolo di Napoli diede la concessione per la costruzione di un Monastero accanto alla Chiesa di San Michele Arcangelo ( via D. Colamarino) . Comprato il terreno, accumulati un po' di quattrini. Si doveva provvedere a cercare una figura forte per reggere le sorti di questa nascente comunità. Venne allora chiama Suor Maria Serafina di Dio che risiedeva a Capri. Questa donna abile e di carattere forte giunta a TOrre nel nuovo monastero diede alle suore la regola delle Carmelitane e gli abiti di Santa Teresa. Fu lei che istituì scuole, rifugio per le orfanelle, ricovero per i poveri. Dal monastero si passava alla chiesa attraveso un corridoio appartato. Suor Serafina non amava affatto la clausura ma voleva riserbo e discrezione per la sua comunità.
Quando il 1794 distrusse la chiesa , venne in parte distrutta anche la struttura architettonica che permetteva il PASSAGGIO DISCRETO DELLE SUORE DAL MONASTERO ALLA CHIESA. Questo passaggio , secondo la storia andava sotto il nome di COMUNICHINO. Devi sapere che nelle mie ricerche speleo, quasi certamente ritrovai nell'80 le tracce del passaggio con decori a stucco molto belli. Oggi sono in parte visibili, ma dovrei accompagnarti e spiegarti personalmente. La storia di suor Serafina in sintesi è questa ma l'esperto è il Formicola.
Aniello


ID: 1060  Intervento da: Antonio Abbagnano  - Email: usn123@fastwebnet.it  - Data: domenica 13 febbraio 2005 Ore: 18:57

Aniello, fammi sapere chi era Suor Serafina di Capri che non è ho mai sentito parlare.
La donna vesuviana non esiste più. S'è ammiscata.
Antonio


ID: 1048  Intervento da: Aniello Langella  - Email: aniello.langella@tiscali.it  - Data: domenica 13 febbraio 2005 Ore: 13:31

Rispondo a me stesso, per chiarire ancora meglio.
ESITE A TORRE UNA DONNA GUERRIERA ?
Si!!!
LA DONNA IANARA.
.... e poi cosa mi dite se parliamo ancora di donne clericali: SUOR SERAFINA DA CAPRI ?
Insomma,... non fatemi andare avanti ... LE DONNE TORRESI SONO UN ARGOMENTO TROPPO BELLO !! Questa volta fatemelo dire . Non sono un vanaglorioso. Ma questo argomento è proprio favoloso . Peccato che non sono riuscito io a chiarirne in partenza lo spirito.
Aniello


ID: 1043  Intervento da: Aniello Langella  - Email: aniello.langella@tiscali.it  - Data: domenica 13 febbraio 2005 Ore: 10:21

Urge chiarimento,... sempre per lo stesso problema: nei forum manca il lingguaggio non verbale!!
Quando lanciai il PIANO DI DISCUSSIONE sulle DONNE VESUVIANE la mia idea era ed è ancora quella di cercare di definire delle caratterizzazioni di una donna abituata a vivere in simbiosi con un MASCHIO VESUVIANO . Spieghiamo ancora.... in vero sarebbe stato meglio intitolare il percorso di dialogo con la frase IL MASCHIO VESUVIANO. Ma preferii la prima forma per vari motivi e non stò qui ad elencarli. Comunque si intuiscono.
Cosa volevo proporre ? Dove volevo parare?
E' ovvio che esiste una differenza tra la donna dell'Uzbekistan, di Pechino, del Marocco, di Zanzibar ... e la donna vesuviana . Questo è lapalissiano. E' Macroscopico.
Per me la donna vesuviana è SEMPLICEMENTE.....( e così vi aggiusto qualche spunto ) : LA DONNA DI RAIMIR, LA DONNA CHE VENDEVA LE SIGARETTE DI CONTRABBANDO, LA DONNA CHE BUCAVA I PALLINI DI CORALLO, LA DONNA NELLA STORIA DI TORRE, LUCREZIA D'ALAGNO, ....
Sono stato chiaro ? Esiste una donna idealizzata nella nostra terra e questo è innegabile . Per questi motivi che intuite , questa donna è sostanzialmente diversa dalla donna di Pechino oppure da quella donna che "viaggia" in burka. Mi piacerebbe parlare della DONNA INSEGNANTE .... poi vorre sconfinare nell'universo immenso della DONNA NELLA CANZONE NAPOLETANA..... sì comme a nu sciurillo,...chiucculatina mia.....tazz'e cafè parite,....malafemmena,.....uocchie....c'arraggiunate,....fata,...anima,...doce,....crudele,...zengara,...e poi ancora per una donna,... voglio murì.....voglio cantà,.....accarezzame,....resta cu me,....
Insomma è questo un argomento ( secondo me ) lascia spazio infinito alla fantazia, alla ricerca ed alla possibilità di acquisire elementi che possono connotare una donna che per carattere e temperamento non differisce con le altre donne che vivono a Novosipisk,....La donna vesuviana tuttavia è diversa nella espressione della propria personalità ,... perchè?
Sono stato chiaro ? ( Lo spero )
Aniello


ID: 967  Intervento da: Aniello Langella  - Email: aniello.langella@tiscali.it  - Data: martedì 8 febbraio 2005 Ore: 22:55

Questa sera vorrei parlarvi della DONNA VESUVIANA NEI QUADRI DI CIRO ARDIAN . Posseggo alcuni quadri bellissimi del mio Prof. Tutte le donne che dipinge sono eteree, alcune in carne , altre magrissime come il nudo che ho in soggiorno. Una si nasconde dietro un toulle e lascia trasparire attraenti forme magistralmente espresse in un incarnato irreale. Mi affascina di questo artista l'idea che egli ha dei colori dei corpi. A guardarli bene sono donne che nella realtà esistono grazie alla luce che le illumina. A volte la fonte luminosa ha una dominante bruna a volte verde, a volte gialla. In una tela " donna con Pulcinella" il volto sembra di una bambina. Nel quadro delle ballerine invece la composizione l'armonia dei gesti appartiene ad altri tempi. Comprai dal Prof una tela bellissima, molto grande dove è espresso il "ciclo della vita" di una donna, dalla sua nascita , passando per la maturità fino ad arrivare alla morte. Quest'ultima "sezione" è stupenda. La morte intesa come quasi rassegnazione di un'esistenza vissuta. I volti poi sono particolari, magici . Ciò che infine fa del Prof un vero artista , secondo me, ...è dato dal fatto che egli aggiunge ad ogni composizione un elemento di ricerca del particolare : un fiore, un bicchiere,uno strumento musicale,.... LE DONNE DEL VESUVIO che dipinge il Prof mi piacciono moltissimo ...
sono prodigo di complimenti per questo mio Prof perchè è bravissimo e poi è il mio Prof.
Aniello


ID: 959  Intervento da: luigi mari  - Email: gigiomari@libero.it  - Data: lunedì 7 febbraio 2005 Ore: 00:00

La donna,
(teoria indicativa, non si dà nulla per dogmatico), non solo quella vesuviana, è stata penalizzata nei secoli, per questo talvolta reagisce col matriarcato e col "suocerato" causando, in buona fede, danni al nucleo. Matriarcato e suocerato che a volte sotto il Vesuvio fa perno sugli intesessi economici. Il contrasto tra agio e disagio di due nuclei diversamente collocati nella società locale. Non è chiaramente un discorso generalizzato.

Non credo ci sia molta differenza tra la donna torrese e quella parigina o londinese o newyorchese, come struttura di fondo, in relazione risvolti epocali. La differenza, se c’è, dovuta a fattori ambientali è marginale perché, già nel dopoguerra, il meridione si è europeizzato e poi globalizzato. Haimé! Tuttavia le generazioni degli “anta” odierni portano ancora con se lievi strascici dei vecchi canoni di pregiudizioso provincialismo. Il discorso vale anche per i maschietti vesuviani, beninteso. Anzi. Mea culpa!

Se Torre fosse il Rio delle amazzoni, (in pratica tutti gli uomini fuori le mura), non le riconosceremmo più le nostre pulcelle coralline, giovani o attempate che siano. Si “scapriccerebbero” nel senso della liberazione di catene pseudo-ideologiche. Quindi moltissimo del comportamento della donna vesuviana dipende dai pregiudizi del maschio che vede la propria mamma, la propria donna e le proprie figlie un associazione deistico-verginale che richiama la Nostra Madre Celeste. Il resto delle donne? Chissà! (si dice), sarebbero da valutare... (Parliamo del caratteriale, naturalmente, non ci sono qui riferimenti alla compostezza e alla condotta che in gergo si chiama erroneamente “onestà” che è un’altra cosa. E' un discorso, questo, che non ci compete e non riguarda questa sede).

Ripeto, ancora, che ho cinque donne a casa e mi delizia sempre il proverbio torrese: "quattro figlie e una madre: cinque diavoli per un padre”.

Molto spesso, nella plaga vesuviana e non solo, SENZA GENERALIZZARE, la sfera affettiva della donna è aperta ad estuario sul compagno. (Faccio le partecipazioni di nozze: è la fase più acuta degli “amo’ “, “teso’ ”, “orsacchio’ “; appiccicate ad bicipite dell’arto superiore del compagno con lo sguardo compiaciuto, in deliquio per una battaglia sociale vinta con Nanninella, Giuseppina e Pasqualina ancora irrimediabilmente zitelle; e una guerra di valori perduti lasciata languire tutta la vita. Pure qui, ripeto, non generalizzo. Anche se le statistiche comunali dicono che a Torre 30 matrimoni su 100 (dei giovani, spesso giovanissimi) sono in richiesta di divorzio. E, sembra strano, sono più le donne a lasciare l’uomo che viceversa. Altro risvolto epocale.
E’ colpevole la parità? I mass-midia? La televisione in particolare con i suoi devastanti modelli sociali di bullezza, magrezza e “unioni sfasciate” dei big della canzone e del cinema? O del calo di desiderio sessuale dovuto, sembra, alle derrate martoriate in laboratorio per la conservazione. Imputate principali le tortine, le brioscine etcetera divorate a josa dai giovanissimi.

Oppure la colpa è dei “paradisi artificiali” come alternativa alla catarsi dei sensi? O è la donna stessa che, oramai, sotto gli occhi dei genitori dissacra e dice disinvolta: “Capperi quanto è bbono quello”. Ne sono testimone oculare. Quando le mie quattro mie figlie festeggiano il compleanno a casa le donne diventano almeno quarantaquattro, ottantotto seni, devo dire innocenti, come quelli delle Madonne del Beato Angelico, del Bellini o del Michelangelo, le cui portatrici sfilano sotto i miei occhi oramai solo semi-incastonati di un viso già divenuto asimmetrico per il disagio e la curiosità, come quello del Principe del sorriso nelle sue più esilaranti performance relative al muliebre.

E proprio lì che piovono i “bboni”, i “figo”, i “macio” riferiti a quei quattro scorticati, sempre in minoranza, lindi, asettici e depilati, o spelacchiati, come vi pare, adornati di orecchini, collanine e forcine per i capelli, come i bulli o i coatti verdoniani, tanto che qualche volta, nella ressa, ho detto a uno di loro: “Signorina, vuole un altro bigné?”. Poi mi accorgo della gaffe e dico all’amico che ha sottobraccio: - “Scusi non volevo offendere il suo fidanzato”. Ma mi sento rispondere con dispetto: - “Prego, sono il fratello”.
E qui che mi rendo conto che le mie ragazze seguiranno la sorte di Atonia, la figlia di Dante da egli chiamata Beatrice, e non già perché, come Atonia che entrò in convento per mancanza di dote, ma questa volta per carenza di maschi.

Ma questo “attaccamento di alcune ragazze vesuviane al compagno” dura necessariamente i nove mesi della gravidanza. Dopo di che la natura vuole che madre e figli vivino in simbiosi; e il compagno, forse perché eterno bambino, a sua volta superprotetto da una certa possessività materna, si sente un optional. Non ho detto uno strumento portatane punto e stop, come avveniva in passato in una parte di famiglie meridionali, perché oggi la donna fa il suo lavoro massacrante in casa e continua pure in ufficio o in fabbrica. Quasi tutte le coppie che fanno le partecipazioni da me emigrano nel Nord Italia, e sono tutti aficionados di Torreomnia.
Non voglio scomodare Nietzsche che disse "La mamma più che amare il figlio si ama nel figlio".
E qui il ripiego del maschio sulla propria arma della vera o presunta virilità che è pari o più aggressiva della seduzione.

Questa distorsione si dipana da vecchi canoni religiosi donna-demonio-serpente-tentazione-peccato che si è "insidiato" nel DNA del maschio con la priorità del sesso come parte attiva. Freud stesso diceva che il sesso è maschile, la sessualità femminile è condizionata e pilotata da quella del partner. Ciò dopo l'avvento cristiano e di altri profezie. Conosciamo la storia e le promiscuità di sensi di Roma ed Atene, ecc. per esempio.

Ma Dio ha dato alla donna una seconda sessualità; la maternità. E' superfluo reiterare qui la differenza fisiologica erotica tra maschio e femmina, e la realizzazione dell'uno con la virilità spesso prevaricatrice, e dell'altro con la maternità di frequente possessiva. Tutte deformazioni culturali diramate, comunque, da intenzioni egemoniche di chi le coniava.

La realtà è una sola. Nostro Signore ha utilizzato la donna come una macchina ingegnosa per trasformare un meschino seme in una intera umanità.
Ha adoperato l'uomo, (il Grande Vecchio), invece, come pari macchina ingegnosa, ma capace di trasformare solo il buon vino in urina. Vuoi mettere?
Per questo LA DONNA, (al di là dei risvolti epocali e delle deformazioni culturali) MERITA UN GRANDE RISPETTO; perché Essa è il braccio destro di Dio nella inimitabile opera della creazione. E qui non ci piove!

Dio ha mandato sulla Terra Nostro Signore Gesù per salvarci, ma prima mandò la donna per fabbricarci. E ti pare poco?

Un sorriso a tutte le donne. E se non abbiamo visto chiaro, manzonianamente non si è fatto apposta.

Luigi Mari


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